Adunque è bensì la ragione che giudica questa attitudine o questa capacità che ha il fine di servire di giustificazione dei giudizi morali. Ma il valore morale di queste valutazioni è dato, deve essere ammesso o presupposto. La ragione porta il suggello di questo valore su quel fine del quale essa mostra la congruenza con le valutazioni morali.
* * *
Se in questo proposito di ricondurre le valutazioni della coscienza morale a un fine unico, possa riuscire o no, e, dato che possa, entro quali limiti e con quali frutti, è una questione che qui può essere lasciata in disparte. Ciò che importa notare è che quel «Fine» ha valore supremo per l'uomo dotato di coscienza morale; per una natura umana per la quale valga l'esigenza morale e valgano le valutazioni che essa richiede e che la esprimono. È supremo dunque nell'ipotesi che l'uomo senta la superiorità di certe aspirazioni su certe altre, di certe attività su certe altre, di una «natura» su l'altra.
Per far riconoscere il valore supremo di questo fine noi dobbiamo dunque supporre ammesso il valore di quei giudizi morali, dei quali dimostreremo poi razionalmente la validità, deducendoli da quel fine.
Sono questi giudizi, di cui è o si assume incontestabile il valore morale, il dato o i dati primi della costruzione assiologica; e la ricerca del fine supremo non è che lo sforzo logico di ricondurli a un solo principio di valutazione, a un unico criterio; di costruirli in sistema. Del quale perciò la validità logica, la coerenza necessaria, l'unità di sistema è posta dall'esigenza razionale; ma la validità assiologica esprime una esigenza morale, la quale è già data o postulata
| |
|