Di che l'esempio storico piú insigne e piú istruttivo è offerto da quei principî etico-giuridici che passano come il modello caratteristico di una costruzione puramente razionale.
Anzi, su questa idea che la costruzione giuridica del secolo XVIII - della quale l'espressione piú nota è la Dichiarazione dei diritti dell'89(14) - sia una pura astrazione razionale, è fondata la critica ormai stereotipa che si ripete in nome del senso storico; mentre nella elaborazione e nella sistemazione di quei principi ebbe la sua parte, e la adempì magistralmente, la ragione; ma non era e non è la ragione che ne pone la validità e ne fa sentire la giustizia.
Il vero difetto della costruzione razionale non è di aver per soggetto l'uomo astratto in luogo dell'uomo storico (qualsiasi costruzione, non solo sistematica, ma anche storica, non può fare a meno dell'astratto), ma è di aver assunto a fondamento della propria costruzione un astratto (l'uomo-ragione) insufficiente a reggere l'edificio che si voleva fondare su di esso.
Infatti l'uomo-ragione supposto dal razionalismo non è soltanto ragione; è, insieme e imprescindibilmente, nel concetto razionalistico, l'uomo che ammette certi principî, espressi o sottintesi, che sono incorporati e assorbiti, almeno nell'opinione comune, surrettiziamente e inconsapevolmente nel concetto di uomo-ragione.
Non si capisce la razionalità dei diritti dell'uomo e del cittadino, se non supponendo che sia un dato razionale ammettere che nessun uomo debba essere trattato come strumento della volontà altrui; cioè senza supporre il valore assoluto dell'uomo come tale, e il postulato giuridico corrispondente, dell'uguaglianza di diritti di tutti gli uomini.
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Dichiarazione
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