Questi postulati il razionalismo aveva torto di pensare che fossero impliciti necessariamente nella ragione, ossia di credere che «uomo ragionevole» volesse dire insieme uomo che accetta quei principî di valutazione. (Il che non vuol dire, si badi bene, che avesse torto nell'accettarli e nell'assumerli come degni di essere accettati).
Ma se si ammette o si suppone che siano accettati, la costruzione razionale che se ne ricava, come dottrina dei rapporti etici e giuridici che governerebbero qualsiasi società umana, nella quale essi fossero sanciti come criteri supremi della condotta, in ogni sua forma - sia dei cittadini tra di loro, sia dei cittadini verso lo stato, e inversamente, sia degli stati fra di loro -, non solo non è illegittima, ma è la sola legittima.
E il suo valore etico, giova affermarlo, sussiste, se c'è, qualunque possa essere la distanza che si osserva o si immagina intercedere fra uno stato conforme a quella esigenza ideale, e questa o quella forma di realtà storica e concreta.
Anzi, per chi assume quell'esigenza come avente valore morale supremo, i doveri corrispondenti all'attuazione e all'osservanza di quei rapporti saranno i doveri fondamentali precedenti in autorità e in obbligatorietà ogni altra sfera di doveri, e i diritti correlativi esprimeranno i valori sociali e politici supremi indipendentemente da ogni giudizio sulla realtà e attuabilità delle forme ideali di Enti o di rapporti tra gli Enti cosí configurati(16).
Per converso, chi respinge questo postulato, non solo può, ma deve, ragionevolmente, negare ogni valore alla costruzione razionale corrispondente (sebbene avrebbe l'obbligo - in sede di morale - di chiarire quale postulato assuma al posto di quello che respinge, e quale sarebbe il sistema etico-giuridico che ne discende).
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Enti Enti
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