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      È, come ognun vede, la tesi di Kant, che è non solo la piú vigorosa, ma la sola veramente rigorosa del razionalismo morale. La prima delle vie indicate (Cap. II), quella del platonismo, e in modo particolare quella dei platonici della scuola di Cambridge, riconduce la morale alla ragione perché la riconduce a principi teoretici di cui si crede che la ragione dimostri la verità o faccia riconoscere l'evidenza: la certezza morale è razionale perché è razionale (o è assunta come tale) la certezza teoretica. È, si può dire, veramente, un intellettualismo morale.
      Per Kant invece, non solo i principi pratici non si fondano su dati teoretici; ma è soltanto nell'uso «pratico» che la ragione può varcare i limiti del fenomeno, e affermare del noumeno ciò che è conforme all'esigenza della morale, ciò che la ragione postula per il suo bisogno pratico.
      E i postulati pratici sono veramente, non postulati etici, ma postulati metafisici affermati sul fondamento dell'esigenza etica.
      Or dunque l'esigenza razionale che è esigenza formale di una legge in generale, in morale è esigenza della legge, di quella legge che è essa la sola razionalmente necessaria.
     
     
     * * *

     
      Ma essendo incontrastato per Kant questo punto, sono possibili sul rapporto della forma e della legge col contenuto tre soluzioni:
      I. O si può intendere che la legge morale è una forma senza nessun contenuto; cioè che la forma dà il valore morale alla legge e il criterio per osservarla e praticarla, senza che occorra una qualsiasi determinazione del contenuto.


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59

   





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