Il valore morale dell'azione si giudica dalla possibilità che la massima sia voluta come legge, ma questa possibilità di essere voluta come legge, si riconosce dall'accordo della massima con quella legge morale della quale non è dato altro carattere che l'universalità, e altra applicazione che cercare se il modo di operare corrispondente si possa universalizzare in massima. Che il riferimento a un contenuto sia anche nel pensiero di Kant necessariamente implicito nel criterio, appare poi manifestamente, non dico dagli esempi, ma da una chiosa che non si capisce se non a patto di ritenerlo ammesso in modo espresso o sottinteso. A proposito del quarto esempio della Fondazione (il brav'uomo che non fa male a nessuno ma bada ai fatti suoi e non si cura d'altro) chiosa il Kant in forma decisiva: «quantunque sia possibile che esista una legge universale della natura conforme a tale massima, è impossibile di volere che un tale principio valga come legge della natura».
Ma perché è impossibile? Manifestamente perché il Volere razionale vuole già qualchecosa che è incompatibile con ciò che è espresso dalla massima «ciascuno per sé» (la quale tuttavia è possibile che esista come legge universale della natura); vuole qualchecosa che ogni uomo come essere ragionevole vuole necessariamente.
Insomma, il criterio dell'universalizzazione vale in quanto è possibile confrontare la legge, a cui darebbe luogo la massima se valesse universalmente, con una certa legge che abbia una qualche determinazione, cioè un contenuto.
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