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      Senza questo riferimento, questo ubi consistam della volontà, non è possibile sapere se la massima dell'azione(19) abbia o non abbia i requisiti necessari, perché si possa volere che valga come legge universale.
     
     
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      Con ciò il pensiero di Kant sembra escludere non soltanto la prima, ma anche la seconda interpretazione (che la forma razionale possa convenire a piú di un contenuto, cioè che possano presentarsi come leggi morali, modi di valutare o sistemi di norme fra di loro diversi); e ammettere che a dare all'esigenza razionale sussistenza effettiva di legge, determinazione di oggetto che la renda applicabile, non sia adatto che un solo ed unico contenuto; e che la legge voluta dall'essere ragionevole, non possa essere che quella certa legge. Che questo sia veramente il pensiero di Kant credo sia indubitabile, né importa insistervi qui. Piuttosto è necessario rilevare come questa pretesa di determinare la legge, quella legge soltanto in funzione della forma, possa parere possibile e legittima finché è sottinteso o ammesso che la legge morale deve essere universale non soltanto nella forma, ma anche nel contenuto; e che perciò le massime in discorso sono soltanto le massime di quel certo operare che ne resta quindi determinato in modo univoco. E cosí il criterio dell'universalizzabilità coincide praticamente con quel contenuto di cui si sa già e si ammette riconosciuto universalmente il valore, di cui quindi si sa che è impossibile volere che valga come morale una massima che lo nega(20).


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59

   





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