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      E osserva con un paragone assai significativo che negare «a questo servizio della critica il vantaggio positivo sarebbe come dire che la polizia non dà nessun vantaggio positivo perché il suo compito principale è soltanto di tenere in freno la violenza; affinché ciascuno possa attendere ai suoi affari tranquillo e sicuro» (ib., pag. 23; il corsivo è mio).
      (24) Non è il caso di cercare qui se e che cosa il Martinetti abbia messo di suo e di postkantiano nella sua interpretazione, né di vedere se e fino a che punto il fondo mistico del pensiero di Kant si accordi con la dottrina che dovrebbe sottrarlo ad ogni pericolo. Qui basta notare la difficoltà radicale in cui vengono a cadere le soluzioni del medesimo genere. La quale è inerente al modo di concepire il rapporto tra il contenuto sensibile che, per essere applicabile alla realtà empirica, la legge morale deve pure assumere, e il mondo sovrasensibile che è l'oggetto proprio della legge morale, quello che ha valore per sé e dà valore di simbolo o di partecipazione (qui ritornano i dubbi del platonismo) al contenuto sensibile.
      Infatti delle due l'una: o si ammette che il contenuto atto a farsi suggello di quella forma, differisce da un contenuto diverso oltreché per il valore formale (nel quale si esaurirebbe il valore morale), anche per un valore di altro genere. E allora vi è luogo a cercare se vi sia o no una connessione necessaria, intrinseca tra questo suo valore specifico e il valore formale; e in ogni caso si riconosce che il contenuto sensibile della legge morale ha un suo valore proprio che sussiste ed è riconosciuto anche all'infuori dell'impronta formale.


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59

   





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