Ma è del pari evidente che in questo caso si assume come dato di fatto qualchecosa che non è necessariamente contenuto nell'ipotesi. Si assume che il fine imparzialmente riconosciuto come preferibile a ogni altro sia il fine effettivamente preferito da ciascuno; ossia che il motivo impersonale della giustizia vinca realmente sempre ogni altro motivo. Ora la legittimità di questa assunzione, come di qualunque altra della stessa natura, non può essere dimostrata che dalla osservazione della realtà psicologica, alla quale sola spetta confermarla o smentirla. Sia che l'osservanza dipenda da un motivo proprio e diretto, intrinseco al valore del fine e della norma, sia che dipenda da motivi indiretti ed estrinseci, o dagli uni e dagli altri insieme, sempre rimane incontestato che l'esistenza e l'efficacia di un motivo di qualunque natura è questione psicologica, non tesi di morale o di diritto.
L'indagine psicologica potrà ricercare quali siano, di che natura e forza i motivi diretti e indiretti, e potrà determinare di ciascuno, le condizioni e i fattori. Potrà anche in tal modo offrire i dati onde si valga a un'arte educativa che si proponga di conservare o di formare una disposizione psicologica siffatta. Ma questa indagine psicologica, quest'opera educativa, posto che siano possibili, rimangono al di fuori della norma e della sua giustificazione, appunto perché hanno un oggetto diverso e sono ispirate da un'esigenza diversa.
La norma dice: Il fine è questo che io pongo; l'uomo è giusto quando vuole questo fine, e quindi opera Cosí come io vengo dettando.
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