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      Al modo stesso, poniamo, col quale ammettendo che il valore della salute come fine sia riconosciuto, l'igiene determina le norme della condotta fondandosi sulle relazioni oggettive trovate o da trovarsi tra un ordine di operazioni e un ordine di effetti, senza preoccuparsi di cercare se i motivi pei quali gli uomini possono essere indotti a cercare la salute siano di una o di altra specie, deboli o forti, elevati o bassi; né di indagare quali siano i mezzi atti a persuadere o a costringere l'osservanza delle sue norme. L'igienista come tale è scienziato, non apostolo, né uomo di stato, né carabiniere. Egli suppone senza piú che esista un desiderio specifico della salute efficace a farne osservare i precetti.
      Tale e non altra deve essere la posizione del moralista finché si tratta di cercare quale possa essere il fine che soddisfa a determinate condizioni, e di stabilire le norme di condotta da quel fine richieste. Egli deve supporre che esista il motivo adeguato a indurre l'osservanza in questione; deve cioè nel caso suo supporre date le condizioni richieste dall'esigenza esecutiva; e può farlo, assumendo un postulato che le abbraccia tutte nella forma piú generale e comprensiva, mentre lascia impregiudicato ogni problema che le riguarda; questo: che ciò che è riconosciuto come giusto sia voluto sopra ogni cosa costantemente e universalmente.
      Tanto piú legittimamente può farlo in quanto che qualsivoglia costruzione teorica - metafisica o non metafisica - non può far altro che assumere ciò che l'esigenza esecutiva richiede ad essere soddisfatta, o come dato di fatto o come postulato.


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Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61