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      Posto ciò, dal riconoscimento della giustizia deve sorgere, se è data nella realtà una certa condizione, l'idea della necessità che l'obbligo vi sia, e quindi un desiderio, un conato di porre l'obbligo, un volere ciò da cui la forza dell'obbligo dipende. E la condizione di cui si parla è questa: che apparisca la normale possibilità della non osservanza, ossia della violazione. Dove non si vede possibilità di trasgressione, non si può vedere la necessità dell'obbligo; ma se questa condizione c'è, e se la trasgressione appare non solo possibile, ma naturale, allora il desiderio che l'osservanza sia universale diventa il desiderio che ci sia l'obbligo e ci sia il potere obbligante.
      Allora dal riconoscimento della giustizia balza fuori uno stato di spirito che non è la coscienza dell'obbligo, ma l'approvazione dell'obbligo se c'è; il riconoscer giusto che l'obbligo ci sia, il desiderio di essere obbligati; la volontà dell'obbligo.
      In questo volere che ci sia un obbligo universalmente valido, sta la caratteristica, l'elemento veramente intimo di quella coscienza del dovere, che accompagna il riconoscimento del giusto anche quando si afferma in aperta antitesi colle sanzioni, e colle opinioni e i sentimenti dominanti1.
     
     
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      Ora quella condizione nella quale dalla coscienza della giustizia sorge e si impone questa esigenza interiore dell'obbligo, è reale e di evidenza comune, e data nella esperienza costante individuale e collettiva.
      Perciò anche quando si tenta di istituire una determinazione puramente razionale della norma giusta, si fa bensí astrazione dalle varie forme di obbligazione e di sanzioni, colle quali si presenta nelle diverse formazioni storiche la giustizia (allo stesso modo che si fa, fino a certi limiti, astrazione dal contenuto mutabile materiale e concreto della norma), ma non si fa astrazione né dalla obbligazione né dalla sanzione in genere, perché urge e preoccupa la coscienza la possibilità della trasgressione che trascina con sé l'esigenza dell'obbligo.


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Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61