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      Anzi due cause concorrono a rendere piú grave e piú acuta questa preoccupazione.
      La prima è dovuta all'antitesi che, non importa cercare per quali influssi, si è stabilita nella tradizione morale piú comune, tra condotta naturalmente o spontaneamente seguita, e condotta buona; per la quale opposizione si tende a considerare come naturale piuttosto l'inosservanza che l'osservanza della giustizia.- La seconda causa, pure di ovvia constatazione, che coopera al medesimo effetto, è la seguente. Se si considera la moralità media di un dato tempo e luogo (come anche se si considera la moralità di un individuo) è facile distinguere in essa due parti: Una, che si potrebbe chiamare moralità formata, comprende quella parte della condotta alla quale corrisponde una disposizione psicologica divenuta (non importa cercare in che modo) spontanea e naturalmente efficace; per la quale quindi il momento del contrasto interno tra i motivi e dello sforzo si abbrevia e si oscura e tende a sparire dal campo della coscienza secondo la notissima legge psicologica dell'operare abituale. L'altra, che si potrebbe chiamare moralità in formazione, comprende quella parte di condotta che richiede uno sforzo, una lotta interiore, e in cui perciò il momento della deliberazione volontaria ha nella coscienza maggior durata e chiarezza.
      Ora è soprattutto questa seconda parte, e se ne capisce agevolmente la ragione, quella su cui si esercita piú frequentemente e comunemente il giudizio morale, quella a cui si pensa quando si biasima o si deplora il difetto di coscienza morale2. Ma è anche appunto per questa parte della condotta che si presenta piú vivo ed ha un influsso piú manifestamente efficace il sentimento dell'obbligazione.


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Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61