E ciò fa nascere l'idea che, mancando l'obbligo, l'inosservanza sia non soltanto possibile, ma probabile; anzi tende quasi a far sorgere la persuasione che senza l'obbligo l'osservanza sia impossibile.
Per queste ragioni che rinforzano la prima e piú generale, la possibilità o piuttosto la naturalità della trasgressione - che, attraverso l'evoluzione storica della moralità, perdura nel mutare delle forme speciali di sanzione e del contenuto materiale dei precetti - è assunta come costante e inevitabile, come un portato necessario della natura umana, anche nelle costruzioni razionali che fanno piú o meno compiutamente astrazione dall'accidentale e dal mutabile.
E quell'esigenza interiore dell'obbligo è perciò considerata come la manifestazione essenziale e caratteristica della volontà giusta, ossia del consentimento razionale della volontà alla norma morale.
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Da ciò nasce una conseguenza che si palesa nella pratica e si riflette sul metodo della speculazione etica.
La conseguenza è questa.
L'esigenza interiore dell'obbligo, che è il prodotto di una coscienza morale già matura, trova al suo sorgere già date le credenze religiose o metafisiche atte ad appagarla, trova già data la credenza in una obbligazione assoluta e nei dati metafisici che danno a questa obbligazione un fondamento oggettivo reale, al di fuori e al di sopra dell'uomo e della naturalità umana; la quale obbligazione, appunto perché assoluta, cioè incondizionata, soddisfa a quell'esigenza nel modo piú compiuto, in modo, direi, eminente.
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