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      E come è assoluta, cioè fuori di un ordine fenomenico necessario, cosí vale via via anche per il contenuto nuovo che la coscienza piú matura venga sostituendo all'antico. Dal che si vede che, anche quando alle credenze metafisiche venga meno il fondamento teoretico, persiste una tendenza invincibile ad affermare e porre obiettivamente il contenuto loro, posto che l'esigenza interiore dell'obbligo non si acquieti che nella obbligazione assoluta. Che cosa importi ciò, è facile intendere, quando si pensi che le tendenze, i desiderî, la volontà, o, come si direbbe in termini fisiologici, gli elementi motori, sono, come ognun sa, il nocciolo e l'anima di ogni credenza.
      Questo effetto ha, come ho detto, il suo riflesso teorico nel metodo seguito dalla speculazione etica anche nei tentativi di costruzione razionale. Il fatto di questo conato interiore dell'obbligo che si accompagna costantemente col riconoscimento del giusto, e per il quale si approva l'obbligazione se c'è, e, se manca, si desidera o si vorrebbe che ci fosse, induce ad ammettere che il motivo morale proprio e specifico, il motivo caratteristico della giustizia sia l'obbligazione; e quindi ad ammettere che una norma giusta debba essere per sua natura obbligatoria.
      Ora qui si nasconde, a mio giudizio, un doppio equivoco. Il primo consiste nell'ammettere che se non l'obbligo in atto, quell'esigenza interiore dell'obbligo si accompagni col riconoscimento della giustizia incondizionatamente, tanto che l'uno non possa stare senza l'altro; mentre questa solidarietà è condizionata.


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Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61