Ma questa esigenza si accompagna al riconoscimento della giustizia in forza di una condizione (conflitto di motivi nella coscienza) che esiste in fatto, ma di cui non si può dimostrare la necessità insuperabile. Ché se anche si ammettesse questa necessità, la connessione esprimerebbe una necessità di fatto non una necessità logica. Da quella condizione di fatto si può dunque far astrazione; e si può e si deve legittimamente cercare quando e a quali condizioni una norma possa valere come giusta, separatamente e prima di proporsi l'altro problema: Quando e a quali condizioni una norma possa valere come obbligatoria.
Perché questo secondo problema, benché storicamente preceda, logicamente deve seguire all'altro; per la ragione che l'esigenza interna o l'approvazione dell'obbligo (senza della quale non v'è che la costrizione esterna delle sanzioni) suppone e implica il riconoscimento della giustizia. Bisogna quindi ammettere che il problema: Quale sia la norma giusta, non solo è distinto, ma logicamente precede quell'altro: Come si sia o si diventi giusti.
Adunque ogni preoccupazione e questione intorno alla obbligazione, e alle credenze su cui si fonda, e ai dati obbiettivi postulati da queste credenze, può e deve essere lasciata, finché si rimane nel campo della prima ricerca, al tutto in disparte.
CAPITOLO SECONDOL'ESIGENZA GIUSTIFICATIVA
SOMMARIO: 1. Due modi di giustificazione. - Il problema della conciliazione tra virtù e felicità. - Le forme fondamentali di soluzioni proposte e la loro insufficienza.
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