2° Che il problema metafisico sul valore in sé del fine morale, come altri problemi metafisici, rimane, comunque se ne apprezzi l'importanza, anche se del valore della norma si assegna una ragione diversa. 3° Che anche riconoscendo possibile e necessaria questa giustificazione assoluta, perché dal fine assoluto si possa ricavare una guida per la condotta umana, è necessario che esso, sia assunto immediatamente o mediatamente come fine che l'uomo può o deve proporsi; cioè che gli si riconosca un valore anche rispetto alla coscienza umana. E ciò viene a dire che non si può fare a meno di rispondere a quella domanda anche in un altro modo.
Questo secondo modo consiste nell'assegnare dello stesso carattere di giustizia una ragione relativa alla coscienza umana o, piú chiaramente, a un interesse umano; per quanto alto e superiore a ogni altro. E in questo caso, perché ciascuno riconosca giusta e per sé e per gli altri l'osservanza di una norma come suprema, è necessario che nella coscienza di ciascuno essa appaia ordinata direttamente o indirettamente a un fine, che abbia, per tutti quelli che la debbono accettare, valore superiore a ogni altro fine. Ora, per il rapporto notissimo che stringe l'idea di fine a quella di bisogno, di desiderio, di aspirazione, il fine che può valere per tutti come superiore a ogni altro deve essere concepito come un fine in cui ciascuno riconosca il carattere della massima desiderabilità per tutti; ossia un fine in cui tutti ripongano o la felicità, possibile a raggiungersi da tutti quelli che osservano la norma, o la condizione necessaria, e possibile per tutti, della felicità.
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