La giustificazione, cosí intesa, consiste adunque in ultimo nel mostrare che ciascuno ragionevolmente deve riconoscere giusta per sé e per gli altri la condotta posta come morale, perché da questa condotta dipende direttamente o indirettamente la felicità, o dipendono le condizioni nelle quali si concepisce come possibile la felicità.
È perciò che nella storia dell'etica ha tanta importanza il problema della conciliazione tra felicità e virtù; perché questa conciliazione (malgrado la diversità del contenuto concreto, che si fa corrispondere rispettivamente ai concetti di virtù e di felicità) rappresenta in forma tipica la seconda maniera di giustificazione della norma morale: quella che assegna come ragione un interesse umano. Ora noi dobbiamo restringere il problema a questa parte; perché quando si afferma che la costruzione metafisica è richiesta dalla esigenza giustificativa, si viene a dire che essa è necessaria a mostrare perché ciascuno debba ragionevolmente riconoscere quella norma come giusta. Perciò si tratta di vedere se e a quali condizioni sia possibile una soluzione di questo problema senza ricorrere anche in questo caso a dati forniti dalla metafisica.
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Le soluzioni tentate all'infuori della metafisica si possono ricondurre a tre tipi: riduzione della felicità a virtù; riduzione della virtù a felicità; riduzione della virtù a mezzo o condizione della felicità; e sempre nel campo della vita presente finita. Ma nessuna delle soluzioni riesce esauriente; perché tutte hanno comune un medesimo difetto fondamentale, del quale si vedrà piú innanzi la ragione; ed è questo: che ciascuna richiederebbe, per esser valida, la realtà effettiva di condizioni, che non sono poste, ma soltanto supposte, e che contrastano piú o meno largamente colle condizioni reali - oggettive e soggettive - che la vita della società e dei singoli presenta.
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