Ma queste difficoltà, per quanto gravi, non toccano la legittimità del criterio, ma soltanto le forme dell'applicazione.
La quale comprenderà due campi distinti corrispondenti a quelli in cui si distingue l'Etica pura della giustizia.
Infatti le condizioni ideali assunte nell'ipotesi corrispondono alle esigenze della condotta giusta considerata nei due aspetti sotto cui si presenta: cioè le esigenze oggettive e le esigenze soggettive. Quindi il criterio generale enunciato si sdoppierà in due criteri concernenti rispettivamente, l'uno l'attività considerata in relazione cogli effetti, ossia col fine obbiettivo al quale è mezzo o condizione; l'altro l'attività considerata in relazione colle disposizioni psichiche dell'operante, ossia coi motivi dai quali è alimentata.
Sarà criterio della prima il massimo possibile avvicinamento alle condizioni ideali di esistenza della società giusta; cioè sarà relativamente giusta la condotta sociale e individuale che tende a conservare gli ordini della vita sociale e individuale in quanto corrispondono, e a modificarli in quanto non corrispondono (nel senso e nei limiti indicati) alle esigenze ideali. Questo criterio dovrebbe dunque guidare in tutte le forme in cui si esercita l'azione della società come un tutto (morale politica) e l'azione delle parti e dei singoli (morale privata).
In modo analogo sarà criterio della seconda l'avvicinamento alla forma ideale di coscienza, l'homo iustus. Quella disposizione della coscienza, che, date le condizioni psicologiche reali della collettività e dell'individuo, è meglio adatta ad assicurare l'universale e costante efficacia del motivo imparziale e impersonale della giustizia, e quindi a preparare la possibilità di una coscienza individuale e sociale totalmente retta, è la disposizione relativamente giusta, cioè giusta rispetto alle condizioni soggettive reali della collettività e dei singoli.
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Etica
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