La quale affermazione è la conseguenza estrema, ma logica, del riconoscere, che si fa, non solo come necessaria, ma come giusta, come conforme ai fini della natura quella che appare agli "schiavi" una radicale ingiustizia. Sotto questo aspetto la teoria del Nietzsche acquista il valore di una teoria tipica, che aiuta, con altre circostanze favorevoli, a spiegarne la fortuna. Essa soddisfa, per quelli che già pensano ed operano come se l'accettassero quale norma della loro condotta, al bisogno della sincerità; mentre la convinzione di rappresentare in sé, checché si faccia o si tenti, ai "fini della natura" purga da ogni carattere di egoismo e assolve da ogni scrupolo di volgare responsabilità la coscienza di quelli che sono o si credono "i forti".
Dove è anche degna di nota questa circostanza: Che si ha qui, in fondo, un tentativo di conciliazione tra virtù e felicità, inversa quella dell'utilitarismo: la felicità (dei forti) posta come condizione della virtù.
5 A torto dunque, almeno da questo punto di vista, si considera, come un movimento anti-individualistico, il movimento presente, per il quale lo stato è invocato a regolare e disciplinare i rapporti economici di distribuzione e redistribuzione, e a fornire alle classi inferiori la possibilità di un certo sviluppo intellettuale e morale. In realtà non è tale se non dal punto di vista ristretto e relativamente egoistico di una o di alcune classi sociali. Perché esso movimento mira in sostanza a garantire a tutti gli individui, all'universalità dei singoli, la possibilità di certi fini che nelle condizioni di fatto esiste soltanto per alcuni.
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Nietzsche
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