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      Della quale, la conciliazione tra virtù e felicità non è che un aspetto particolare, e forse non il piú importante.
     
      CAPITOLO QUARTOIL FONDAMENTO CERCATO NELL'AUTORITÀ
     
      Il carattere di autorevolezza col quale si presenta alla coscienza il giudizio morale, che noi approviamo bensì come nostro, ma che ci pare nello stesso tempo sgorgare da una sorgente piú alta o piú profonda, e quello di precetto imperativo nel quale si traduce, tendono a far derivare questi caratteri, e, quando siano considerati essenziali della moralità, lo stesso giudizio morale, da un'autorità distinta dalla coscienza, e che, pur rivelandosi in essa, la trascende e la supera.
      Il fondamento di questa autorità fu riposto o nel processo stesso di formazione, consapevole o inconsapevole, delle idee e dei sentimenti morali che danno contenuto alla valutazione; o in un volere superiore e distinto dal volere individuale, al quale si riconosce potestà imperativa e alla cui scelta o decisione si riconduce in ultimo il criterio della valutazione morale.
      L'autorità delle valutazioni morali avrebbe dunque in ultimo, come ogni altra minore autorità politica o sociale, il suo fondamento e la sua legittimazione o nei titoli di una sua nobiltà storica, o nella volontà di un potere sovrano.
     
      a) Della storia.
      L'appello alla storia può assumere, assunse in effetto, forma e apparato e significazione diversi, secondoché si credette di fondare l'autorità della valutazione in un processo genetico di evoluzione selettiva operante attraverso l'esperienza organizzata della specie; o in un processo storico di svolgimento e di elevazione progressiva dei costumi, della cultura, degli istituti e delle idealità etiche nei popoli civili; o nella elaborazione logica di un pensiero riflesso rintracciato nella successione storica delle dottrine e dei sistemi.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103