Hic liber est in quo quaerit sua dogmata quisque;
e neppure discutiamo della possibilità e dei limiti di una induzione legittima sui fatti storici; ciò che importa, e che basta notare, è che questa induzione, posto che fosse legittima, e non avesse già per filo conduttore e regolatore quella direzione ideale che vi rintraccia ingegnosamente, non pone essa il valore delle conclusioni a cui giunge, non è essa che ci fa riconoscere la bontà, la elevatezza, la eccellenza morale delle idealità che segnano la meta.
Questa valutazione è irreducibile alla storicità; ed è anzi dalla storia — in quanto voglia essere giudizio comparativo di valori umani — sempre e inevitabilmente presupposta. Di che è prova il fatto che, mutato il criterio valutativo, sostituita all'una un'altra scala di valori, la prospettiva si rovescia; e Nietzsche vede una nefasta degenerazione dove il democratico e l'umanitario ravvisano l'indice sicuro di un felice progresso morale.
E se il criterio valutativo della coscienza si contrappone a quello che ha o sembra avere a un momento dato il conforto della storia, non vi è in questo nessuna ragione intrinseca di superiorità o di inferiorità dell'uno sull'altro dal punto di vista etico, che è quello che importa; anzi neppure dal punto di vista storico, perché quel conforto (quale esso sia) della storia, che oggi fa difetto al primo, non è escluso che lo assista domani.
La storia è conservazione e svolgimento, ma anche innovazione e opposizione; non è, diciamo pure, con termini hegeliani, una cosa se non perché è nello stesso tempo l'altra.
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Nietzsche
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