Ora il dovere, in quanto è proprio e caratteristico della moralità, cioè in quanto è interiore e non riducibile al sentimento di una coazione esterna (ossia all'obbligo di cui si dirà tra poco), è la coscienza di questa esigenza del valore morale e si manifesta — come necessità di rispettare questa esigenza, di tener fermo nelle volizioni singole il valore morale, — nella sua forma piú chiara, quando è in contrasto con motivi di altra natura. Ma è presente anche se non vi sia attualmente questo conflitto, in quanto è presente alla coscienza la possibilità di impulsi contrastanti.
Da quel che si è detto risulta che non si può parlare di dovere nel senso ora chiarito, cioè di dovere morale, se non presupponendo data una valutazione morale.
I valori morali devono già essere sentiti voluti come tali: se non sono, non vi può essere dovere.
E non avrebbe senso parlare di un dovere di riconoscere dei valori morali a una coscienza che fosse chiusa ad ogni valutazione etica; di un suo dovere di affermare la superiorità su ogni altro valore, di qualche cosa a cui non riconosce alcun valore. Non avrebbe senso piú di quel che avrebbe il pretendere che debba capire che ci son anche dei suoni e che valgon piú dei rumori chi non avesse udito mai che rumori, e i suoni stessi non li sentisse se non in forma di rumori.
E quando si dice, poniamo, che un uomo deve pur sentire che la lealtà vale di piú del tradimento, il «deve» o non ha senso, o ha un senso al tutto diverso da quello propriamente morale.
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