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      CAPITOLO QUINTOLA INVERSIONE DEI PROBLEMI
      RELATIVI AL FONDAMENTO DELLA MORALE
     
      Ogni sforzo di derivare una valutazione morale da qualche cosa di cui non sia già riconosciuto il valore morale è dunque vano o illusorio. O non dà quel che si cerca, o presuppone quel che si pretende di fondare.
      In realtà i valori morali o valgono per sé o sono tali in grazia di altri valori che valgono essi come morali per sé.
      Epperò ogni ragionamento col quale si dimostri per esempio che un'azione è buona o giusta, si risolve o nel ricondurre quell'azione a una classe di azioni, a un modo di operare già riconosciuto come morale, o nel dimostrare che questa azione fu od è voluta come condizione o mezzo di attuazione di un valore morale.
      I valori morali diretti e immediati, apprezzati e voluti per sé, sono dunque dati di una esperienza morale non riducibile ad altre forme di esperienza e i giudizi nei quali questa validità diretta e immediata è ammessa o riconosciuta, sono postulati di valutazione morale (postulati etici in proprio senso).
      E una dottrina morale in quanto è sistema di valutazioni si fonda in ultimo sui postulati etici, espressi o sottintesi, di cui si assume che sia ammessa la validità: cioè che siano dati immediati della coscienza morale.
      Quando sia chiaramente riconosciuta questa indipendenza, questa validità per sé o autoassia dei postulati etici, le costruzioni dottrinali rivolte a cercare fuori della morale un fondamento che essa né può trovare né ha bisogno di cercare altrove, prendono un carattere e un significato diverso se non opposto; e forse considerate da questo aspetto rivelano meglio la tendenza profonda che muove e avviva in forme sempre risorgenti di tentativi diversi, i tipi di costruzione morale esaminati nei capi precedenti.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103