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      Gli esempi addotti in principio di questo capitolo per chiarire il concetto di un contenuto comune universalmente valido, non rispondono a una determinazione rigorosa; e hanno soltanto un carattere provvisorio di opportunità. Se ora cerchiamo di fissare con precisione quali sono propriamente i valori che lo costituiscono, troveremo facilmente che essi si assommano in due condizioni riconosciute in effetto (e non potrebbe essere altrimenti) come valori primari fondamentali da ogni sistema morale: la libertà e la giustizia.
      La libertà esprime l'esigenza delle condizioni soggettive necessarie a fare dell'uomo una persona padrona di sé di fronte a sé e di fronte a ogni altra persona; la giustizia esprime l'esigenza delle condizioni obbiettive necessarie all'esercizio universalmente efficace di questa libertà.
      L'attuare in sé e in ogni altra persona questi valori di libertà e di giustizia (ed i valori impliciti in questi) deve dunque essere riconosciuto come un dovere universalmente valido, anzi come il solo dovere (o la sola categoria di doveri) veramente universale.
      Ma qui è da notare una circostanza rilevante.
      La libertà non è una condizione di fatto, un possesso dato; ma è, come vide e affermò fervidamente il Fichte, una conquista da fare, una idealità che si viene realizzando e che richiede sforzi sempre nuovi e impone sempre nuovi doveri. E il medesimo è da dire della giustizia che è lo specchio sociale della libertà.
      Ora se il valore della libertà e della giustizia (e la validità dei doveri che ne derivano) consiste, come apparirebbe dalla deduzione fattane qui, soltanto nel loro essere condizione necessaria ad ogni ordine di valori; è continua ed inevitabile la possibilità di un contrasto nella coscienza dell'intellettuale, dell'esteta, dell'altruista, tra l'interesse sempre presente, diretto della conoscenza o della bellezza o della simpatia e i doveri mediati e indiretti della libertà e della giustizia; o, in termini generali, tra i valori diretti e per la coscienza individuale supremi, e i valori che per lei appaiono soltanto indiretti e strumentali.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





Fichte