E qual è questo presupposto?
Non è difficile scoprirlo.
Perché un ordine di valori, diciamo per comodità di espressione, una idealità, sia riconosciuta da una coscienza come suprema e normativa si richiedono due condizioni imprescindibilmente:
1° che la detta idealità possa costituire un criterio di valutazione atto a subordinare ogni altro valore, a dare unità coerente alle valutazioni e a segnare una direzione costante alla volontà;
2° che essa sia in effetto posta dalla volontà come suprema e riconosciuta degna di dirigerla; e perciò che l'attuazione di quella e la esclusione di ogni atto che la neghi sia sentita come un esigenza incondizionata (esigenza di non smentire con la volizione la volontà, con l'atto la valutazione); e sia sentito o posto idealmente come dovere il subordinare ad essa ogni altro valore e il negare ogni interesse che contrasti con quello.
Ma queste due condizioni sono le condizioni stesse che fanno dell'io temporaneo disgregato e molteplice una unità, cioè una Volontà consapevole e coerente, un carattere, una persona; sono in una parola le condizioni della personalità.
Riconoscere il valore supremo di ciò che costituisce l'unità personale, di ciò per cui l'individuo si afferma ed esprime la sua volontà di essere persona, implica dunque il presupposto del valore diretto, originario, incomparabile e incommensurabile, cioè assoluto, della persona umana, come volontà di essere tale e come coscienza di questa volontà.
Questo valore per sé, intrinseco e assoluto della persona, è dunque il presupposto implicito, il postulato sottinteso in ogni valutazione morale; perché non si può riconoscere il valore morale di nessun oggetto o fine o idealità senza postulare il valore della volontà personale che lo pone, e fuori della quale non avrebbe senso l'esigenza normativa che lo fa essere morale.
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Volontà
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