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      Cantano, li abbracciano, li accarezzano, ballano con loro. Credono dunque di fare cosa buona ed utile al bambino, accorrendo subito appena comincia a piangere e giuocando con lui; ma egli non farà che piangere sempre più. Se al contrario non ci occupiamo de' suoi pianti, egli finisce per non piangere più; dacché nessuna creatura si procaccia volentieri una pena inutile. Se avvezziamo i bambini a veder tutti i loro capricci soddisfatti, invano tenteremo più tardi di piegare la loro volontà. Lasciamo dunque che piangano a loro talento, e presto ne saranno stanchi e annoiati essi stessi. Ma se cediamo ai loro capricci nella prima età, si corrompe in tal modo il loro cuore ed i loro costumi.
      Certamente il bambino non ha ancora nessuna idea dei costumi, ma si guastano le sue disposizioni naturali in questo senso, che per rimediare al male bisogna poi infliggergli durissime punizioni. E allorquando vogliamo divezzare i bambini dal veder subito soddisfatti i loro capricci, essi piangono con tale inquietezza e rabbia, che parrebbe non fosse possibile altro che negli adulti, e la quale non produce alcuno effetto solo perché mancano loro le forze. Finche non hanno da far altro che piangere per ottenere quello che vogliono, essi dominano da veri padroni; e quando questo dominio cessa, ne sono naturalmente indispettiti. Ed invero, non è per gli stessi adulti una cosa affliggente l'essere costretti a perdere in un istante quel certo dominio, che hanno per lungo tempo esercitato?
     
      20. Nei primi tre mesi circa della loro vita, i bambini non hanno ancora la vista bene sviluppata.


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La pedagogia
di Immanuel Kant
Paravia Torino
1925 pagine 96