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      Essi ricevono la impressione della luce, ma non possono distinguere un oggetto dall'altro: ne possiamo avere una prova, presentando loro qualcosa splendente; essi non la seguono cogli occhi. Colla vista si dispiega pure la facoltà del riso e del pianto; giunto a questo periodo di vita, il bambino piange con una certa riflessione, sebbene oscura e indistinta. Egli crede sempre che gli si voglia far del male. Il Rousseau nota che se picchiamo sulle mani un bambino di sei mesi, egli piange come se un tizzone ardente fossegli caduto sulle mani stesse, giacché pensa che l'abbiamo voluto offendere. I genitori, per ordinario, parlano troppo di piegare la volontà dei loro teneri figli; ma ciò non sarebbe necessario, se non fossero avvezzati male fin da principio. La prima origine del male sta appunto nel rendersi schiavi della loro volontà, e nel far loro credere che tutto possano ottenere col pianto. E più tardi è sommamente difficile di rimediare a questo male, dato pure che vi si possa rimediare. Possiamo, è vero, ottenere che il bambino si quieti; ma egli consuma entro di sè il dolore e non fa che alimentare la sua collera. Si avvezza per tal modo alla dissimulazione ed alle passioni interne. Per citare un esempio, è cosa molto strana che alcuni genitori, dopo aver picchiato colla bacchetta i loro fanciulli, esigano che questi bacino poi loro le mani: è proprio un volerli avvezzare alla dissimulazione ed alla menzogna. Le nerbate poi non sono un bel dono di cui il fanciullo possa mostrarsi grato; e figuriamoci con che cuore bacerà allora la mano che l'ha percosso!


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La pedagogia
di Immanuel Kant
Paravia Torino
1925 pagine 96

   





Rousseau