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      Se comprendesse ancor questo, il che solo con gli anni è possibile, l'obbedienza sarebbe ancor più perfetta.
      Ogni violazione d'un ordine pel fanciullo è un mancare di obbedienza, che porta seco una punizione. Ma non è inutile di punire anche una semplice negligenza. La pena è fisica o morale.
      La pena è morale quando si attutisce la nostra inclinazione ad essere onorati ed amati, due aiuti della moralità, come quando si umilia, o si accoglie freddamente il fanciullo. Tale inclinazione dev'essere, finché si può, conservata. Ora questa sorta di pena è la migliore, perché aiuta la moralità; per esempio, se un fanciullo mentisce, castigo sufficiente ed il migliore per lui è un'occhiata di disprezzo.
      La pena fisica consiste o nel ricusare al fanciullo ciò che desidera, o nell'infliggergli una certa punizione. La prima sorta di pena si avvicina a quella morale, ed è negativa. Le altre pene vanno adoperate con precauzione, affinché non generino disposizioni servili (indoles servilis). Non conviene dar ricompense ai fanciulli, perché ciò li rende interessati e genera in essi disposizioni mercenarie (indoles mercenaria).
      Inoltre, l'obbedienza risguarda ora il fanciullo, ora il giovinetto. Il mancare d'obbedienza deve sempre avere la sua pena. Questa punizione, che si merita l'uomo per la sua condotta, o è affatto naturale, come sarebbe la malattia che si procura il fanciullo quando mangia troppo; e questa specie di pena è la migliore, perché l'uomo la subisce non solamente nella infanzia, ma per tutta la vita.


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La pedagogia
di Immanuel Kant
Paravia Torino
1925 pagine 96