Sin dal primo capitola del suo libro, l'autore ci enumera le immense ricchezze che sono già in possesso dell'umanità e i prodigiosi strumenti del macchinario ch'essa ha conquistato per il lavoro collettivo. I prodotti che ogni anno si ricavano basterebbero largamente a fornire il pane a tutti gli esseri, e qualora l'enorme capitale delle città e delle case, dei campi coltivabili, delle officine, dei mezzi di trasporto e delle scuole diventasse proprietà comune, invece di essere conservato in proprietà privata, l'agiatezza sarebbe facilmente raggiunta: le forze che sono a nostra disposizione verrebbero applicate, non in lavori inutili e contradditorii, ma per produrre tutto ciò che all'uomo necessita, in fatto di alimenti, alloggio, vestiti, benessere, studio delle scienze, coltura delle arti.
Però la riconquista degli umani possessi, l'espropriazione, in una parola, non può effettuarsi che per mezzo del comunismo anarchico: bisogna mettersi all'opera di rinnovamento sociale, seguendo la propria iniziativa ed aggruppandosi, secondo le proprie affinità, i propri interessi, il proprio ideale, e la natura del lavoro che s'intraprende. - Questa questione dell'espropriazione è la più importante del libro, e anche una di quelle che l'autore ha trattato con maggiore abbondanza di particolari, sobriamente e senza violenza di espressioni, ma con la calma e la nitidezza di visione che richiede lo studio d'una prossima trasformazione, ormai inevitabile. Dopo questo rovesciamento dello Stato i gruppi di lavoratori emancipati, non dovendo più logorarsi ai servigi degli sfruttatori e dei parassiti, potranno dedicarsi alle attraenti occupazioni del lavoro liberamente scelto e procedere scientificamente alla coltivazione del suolo e alla produzione industriale, intermezzando il lavoro con ricreazioni consacrate allo studio o al piacere.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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Stato
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