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      Suo padre e suo nonno hanno lavorato per dissodare quel campo, per costruire quell'officina, per perfezionare quelle macchine; hanno lavorato infine secondo la completa misura delle loro forze - e chi può dar dunque più di questo? E pure egli è venuto al mondo più povero dell'ultimo dei selvaggi. Se ottiene il permesso di dedicarsi alla coltivazione di un campo, è solo alla condizione di cedere un quarto del prodotto al suo padrone, e un altro quarto al governo e agl'intermediarii. E questa imposta, che lo Stato, il capitalista, il padrone e il sensale prelevano su di lui, aumenterà sempre, e raramente gli lascierà anche la facoltà di poter migliorare il suo sistema di coltivazione. Se si dedica all'industria, gli si permetterà di lavorare - non sempre del resto - ma alla condizione di non ricevere che un terzo o la metà del guadagno, il rimanente dovendo esser ceduto a colui che la legge riconosce come il proprietario della macchina.
      Noi gridiamo contro il barone feudale che non permetteva al coltivatore di rimuover la terra senza che gli fosse rilasciato almeno il quarto del raccolto. E noi chiamiamo barbara quest'epoca passata. Ma, se la forma è cambiata, la sostanza di queste relazioni è sempre la stessa. Il lavoratore accetta oggi, sotto il nome di contratto libero, degli obblighi ugualmente feudali; giacchè in nessun'altra parte troverebbe condizioni migliori. Siccome tutto è diventato la proprietà di un padrone, egli deve cedere o morir di fame!
      Risulta da questo stato di cose che tutta la nostra produzione si dirige in senso contrario.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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