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      Quando domandavano l'organizzazione del lavoro, veniva loro risposto: «pazientate, amici miei, il governo pensa ad occuparsene, e per oggi eccovi quaranta soldi. Riposatevi, rudi lavoratori, che avete stentato per tutta la vostra vita!». E nel frattempo si puntavano i cannoni. Si facevano appelli e contro-appelli di truppe; si disorganizzavano i lavoratori stessi con i mille mezzi che i borghesi conoscono a meraviglia. E un bel giorno si diceva loro: «Partite a colonizzar l'Africa, o altrimenti vi faremo mitragliare!».
      Interamente diverso sarà il risultato, se i lavoratori rivendicano «il diritto all'agiatezza». Per questo fatto essi proclamano il loro diritto d'impadronirsi di tutta la ricchezza sociale; di prendere le case e di alloggiarvi, secondo i bisogni di ogni famiglia; di prendere i viveri accumulati e di usarne in modo da conoscer l'agiatezza dopo non aver che troppo conosciuta la fame. Essi proclamano il loro diritto a tutte le ricchezze - frutto del lavoro delle generazioni passate e presenti, e ne usano in modo da gustare gli elevati godimenti dell'arte e della scienza, che per troppo tempo furon monopolio dei borghesi.
      E, in affermare il loro diritto all'agiatezza, proclamano - ciò che è anche più importante - il loro diritto di decidere essi stessi qual debba essere questa agiatezza, ciò che occorre produrre per assicurarla, e ciò che devesi abbandonare, perchè privo ormai di valore.
      Il diritto all'agiatezza è la possibilità di vivere da esseri umani, e di educare i figli per farne dei membri uguali di una società superiore alla nostra, mentre che il «diritto al lavoro» è il diritto di rimaner sempre schiavo salariato, l'uomo di fatica, governato e sfruttato dal borghese di domani.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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