Se le industrie tessili e metallurgiche hanno raggiunto nei paesi civili una meravigliosa perfezione, esse lo debbono allo sviluppo simultaneo di mille altre industrie, grandi e piccole; esse lo debbono all'estensione delle reti ferroviarie, della navigazione transatlantica, all'abilità di milioni di lavoratori, a un certo grado di coltura generale di tutta la classe operaia, a dei lavori, infine, eseguiti da un capo all'altro del mondo.
Gli Italiani che morivano di colèra scavando il canale di Suez, o di anchilosi nella galleria del Gottardo, e gli Americani caduti nella guerra per l'abolizione della schiavitù, hanno contribuito allo sviluppo della industria del cotone in Francia ed in Inghilterra, non meno delle giovanette che avvizziscono nelle manifatture di Manchester o di Rouen e dell'ingegnere che avrà arrecato (dietro il suggerimento di qualche lavoratore) un miglioramento qualunque nel mestiere della tessitura.
Come stimare la parte che spetta a ciascuno, delle ricchezze che noi tutti contribuiamo ad accumulare?
Partendo da questo punto di vista generale e sintetico della produzione, noi non possiamo ammettere con i collettivisti che possa essere un ideale, o anche un passo innanzi verso questo ideale, la rimunerazione proporzionale alle ore di lavoro da ciascuno effettuate per la produzione delle ricchezze. Senza discutere qui se realmente il valore di scambio delle merci sia calcolato nella società attuale dalla quantità di lavoro necessario per produrle (come hanno affermato Smith e Ricardo, di cui Marx ha seguito e rimesso a nuovo le tradizioni)(10), ci basterà di dire, salvo a ritornarci sopra più tardi, che l'ideale collettivista ci pare irrealizzabile in una società che consideri gli strumenti di produzione come un patrimonio comune.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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