Fra nove anni il barone imporrà loro un contratto di affitto; cinque anni più tardi preleverà le prime imposte, che quindi raddoppierà. Il lavoratore accetterà queste condizioni, perchè non ne troverebbe migliori altrove. E a poco a poco, con l'aiuto della legge fatta dai padroni, la miseria del contadino diventa la fonte di ricchezza del signore, e non di lui soltanto, ma di tutto un nugolo di usurai, i quali, da veri uccelli di rapina, si precipitano sui villaggi, e si moltiplicano, quanto più il contadino maggiormente s'impoverisce.
Così accadeva nel medio evo. Ed oggi, forse, non si verifica sempre la stessa cosa? Se vi fossero terre libere, che il contadino potesse coltivare a suo piacimento, acconsentirebbe forse a pagare mille lire per ettaro al signor conte o barone, il quale si degna di vendergliene un pezzo? Consentirebbe forse a pagare un affitto gravoso che gli assorbe un terzo dei prodotti che ha ottenuti? Anderebbe forse a coltivare i terreni in mezzadria per dare la metà del raccolto al proprietario dei campi?
Ma poichè nulla egli possiede, accetterà tutte queste condizioni, purchè possa vivere coltivando il suolo, ed arricchirà il signore.
In pieno secolo decimonono, precisamente come nel medio evo, la povertà del contadino forma ancora la ricchezza dei proprietari di terre.
II.
Il proprietario del suolo si arricchisce dunque della miseria del contadino. Lo stesso accade per l'intraprenditore industriale.
Eccovi un borghese il quale, in un modo o in un altro, si trova possessore di un gruzzolo di cinquecentomila lire.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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