Egli può certamente spendere il suo denaro in ragione di cinquantamila lire all'anno, - ben poco, in fondo, considerando il lusso fantastico e insensato dei nostri giorni. Ma allora, in capo a dieci anni, non avrà più nulla. Cosicchè, da uomo «pratico», egli preferisce di conservare intatta la sua fortuna, e, per di più, di formarsi un discreto reddito annuale.
Ciò è molto semplice a mettersi in pratica nella nostra società, precisamente perchè le nostre città e i nostri villaggi formicolano di lavoratori, i quali non hanno di che vivere nè per un mese, nè per una quindicina di giorni. Il borghese impianta un'officina: i banchieri si affrettano a prestargli ancora cinquecentomila lire, sovrattutto s'egli gode riputazione di uomo accorto; ed ecco che, con un milione, potrà far lavorare cinquecento operai.
Se non vi fossero nei dintorni della nuova officina altro che uomini e donne, la cui esistenza fosse garantita, chi anderebbe dunque a lavorare per il nostro borghese? Nessuno, certo, acconsentirebbe a fabbricargli per un salario di tre lire al giorno, merci che valgono cinque ed anche dieci lire.
Disgraziatamente, - noi lo sappiamo purtroppo, - i quartieri poveri della città e dei villaggi vicini rigurgitano di gente, i cui figliuoli si lamentano per la fame. Di modo che l'officina non è nemmeno terminata, e già i lavoratori fanno ressa per essere occupati. Non ne occorrevano che cento, e se ne offrirono mille. E sin quando l'officina comincerà a funzionare, il padrone - se non è proprio l'ultimo degli imbecilli - incasserà, per ogni paio di braccia che lavorano da lui, un migliaio di lire all'anno di utile netto.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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