Una volta che il «principio» della Santa Proprietà sia scosso, tutti i teorici del mondo non potranno impedire che esso venga distrutto qui dai servi della gleba, altrove dagli schiavi dell'industria.
Se una grande città - Parigi, per esempio, - s'impadronisce soltanto delle abitazioni e delle officine, sarà costretta dalla forza stessa delle cose a non più riconoscere ai banchieri il diritto di prelevare sul Comune cinquanta milioni di imposte, sotto forma d'interessi, per prestiti fatti antecedentemente. Così la stessa città sarà obbligata a mettersi in relazione con gli agricoltori, e forzatamente essa dovrà spingerli ad emanciparsi dai possessori del suolo. Così per poter mangiare e produrre, dovrà espropriare le strade ferrate; e finalmente, per evitare lo sciupìo delle derrate, per non rimaner, come la Comune del 1793, in balìa degl'incettatori di grano, conferirà ai cittadini stessi la cura di approvvigionare i rispettivi magazzini di derrate, e di ripartire i prodotti del suolo.
Tuttavia alcuni socialisti hanno ancora tentato di stabilire una distinzione. - «Che il suolo, il sottosuolo, l'officina, la manifattura vengano espropriati, - noi siamo perfettamente d'accordo, dicono essi. Tutte queste cose sono strumenti di produzione, ed è giusto che diventino proprietà pubblica. Ma, oltre a ciò, vi sono gli oggetti di consumo: alimenti, vestiti, abitazioni, i quali debbono rimaner proprietà privata».
Il buon senso popolare ha avuto ragione di questa sottile distinzione. Infatti noi non siam più dei selvaggi, a cui piaccia di vivere nei boschi, sotto un riparo di foglie.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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