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      È qui, secondo noi, tutta la questione. Offrire all'agricoltore, in cambio dei suoi prodotti, non pezzi di carta qualunque sia il loro valore iscrittovi, ma «gli oggetti stessi» di consumo, dei quali il lavoratore ha bisogno. Se si farà in tal modo, le derrate affluiranno verso la città. Se così non si farà, avremo la carestia nelle città, con tutte le sue conseguenze, la reazione e lo schiacciamento della rivoluzione.
     
     
      VII.
     
      Tutte le grandi città, l'abbiam detto, comprano il loro grano, le loro farine, la loro carne, non solo nelle provincie, ma anche all'estero. L'estero invia a Parigi le droghe, il pesce ed i commestibili di lusso, nonchè considerevoli quantità di grano e di carne.
      Ma in tempo di Rivoluzione non si potrà più contare sull'estero, o contarvi per il meno possibile. Se il grano russo, il riso d'Italia o delle Indie e i vini di Spagna e d'Ungheria affluiscono oggi sui mercati dell'Europa occidentale, non è perchè i paesi speditori ne posseggano di troppo, o perchè certi prodotti vi nascono in abbondanza da loro stessi, come l'insalata nei prati. In Russia, per esempio, il contadino lavora fino a sedici ore al giorno, e digiuna da tre a sei mesi ogni anno per esportare il grano col quale paga il padrone e lo Stato. Oggi, non appena il raccolto è terminato, la polizia appare nei villaggi russi e vende l'ultima vacca, l'ultimo cavallo dell'agricoltore, per pagare le imposte arretrate e gli affitti al proprietario, quando il contadino non acconsente di buona volontà, vendendo il suo grano agli esportatori esteri.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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