Imparando l'orticoltura con persone del mestiere; provando su spazi riservati mille maniere diverse di coltura; gareggiando tra loro per ottenere le migliori raccolte; riacquistando nell'esercizio fisico, senza spossamento, nè sopralavoro, le forze che loro mancano così spesso nelle grandi città - uomini donne e fanciulli sarebbero felici di dedicarsi a questo lavoro dei campi che cesserà di essere un lavoro da forzati e diventerà un piacere, una festa, una primavera dell'essere umano. - «Non esistono terre improduttive, la terra vale ciò che vale l'uomo!» ecco l'ultima parola dell'agricoltore moderno. La terra dà ciò che ad essa si domanda: si tratta soltanto di domandarlo con intelligenza.
Un territorio, fosse anche così piccolo come i due circondari della Senna e di Senna e dell'Oise, e dovesse alimentare una grande città come Parigi, basterebbe praticamente per colmare i vuoti che la Rivoluzione potrebbe fare intorno ad esso.
Se il Comune anarchico si slancerà francamente sulla via dell'espropriazione, esso ci condurrà necessariamente alla combinazione dell'agricoltura con l'industria, all'uomo agricoltore ed industriale nel tempo istesso.
Ch'esso rasenti soltanto quest'avvenire: e non sarà di carestia ch'esso perirà! Il pericolo non è in questo: il pericolo è nella viltà di spirito, nei pregiudizii, nelle mezze misure.
Il pericolo è là dove lo vedeva Danton, quando gridava alla Francia: «Audacia, audacia e ancora audacia!» E soprattutto dell'audacia intellettuale, la quale non mancherà di seguire immediatamente l'audacia della volontà.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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