Ecco una fabbrica, - consacrata disgraziatamente agli ordigni da guerra - la quale nulla lascia a desiderare sotto il rapporto dell'organizzazione sanitaria e intelligente. Essa occupa venti ettari di terreno, di cui quindici sono coperti da invetriate. Il pavimento di mattoni refrattari è nitido quanto quello di una casetta da minatore, e la tettoia di vetro è accuratamente pulita da uno stuolo di operai che non fanno altro. Vi si fondono delle verghe di acciaio che pesano persino venti tonnellate, e quando si è a trenta passi da un immenso fornello, le cui fiamme hanno la temperatura di più di un migliaio di gradi, se ne indovina la presenza solo perchè l'immensa gola di esso lascia sfuggire un mostro di acciaio, e questo mostro è manovrato da tre o quattro operai soltanto, che aprono, ora qui ora là, una valvola che mette in movimento, per la pressione dell'acqua nei tubi, delle grue immense.
Si entra, preparati a sentire il rumore assordante dei colpi di maglio, e si scopre che non vi sono affatto magli: gl'immensi cannoni da cento tonnellate e le assi dei vapori transatlantici sono foggiate colla pressione idraulica, e l'operaio si limita a fare girare una chiavetta per comprimere l'acciaio che si preme, invece di fucinarlo; ciò che dà un metallo più omogeneo, senza screpulature, e dei pezzi di qualsiasi spessore.
Ci si attende uno stridore d'inferno, e si vedono invece macchine che tagliano blocchi di acciaio di dieci metri di lunghezza, senza produrre altro rumore di quel che ne bisogni per tagliare del formaggio.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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