Il ritornello schiavista può avere il suo valore per i proprietari di schiavi. Quanto agli schiavi stessi essi san bene quel che vale: ne conoscono i motivi.
Del resto, chi dunque, se non gli economisti, c'insegnò che, se il salariato si disimpegna nè bene nè male del suo lavoro, non si ottiene un lavoro intenso e produttivo che dall'uomo il quale vede aumentare il suo benessere in ragione de' suoi sforzi? Tutti gli inni intonati in onore della proprietà si riducono precisamente a questo assioma.
Imperocchè, - cosa notevole, - quando gli economisti, volendo decantare i benefici della proprietà, ci mostrano come un terreno incolto, una palude o un suolo sassoso si coprano di ricche messi quando li inaffia il sudore del contadino-proprietario, essi non provano per nulla la loro tesi in favore della proprietà. Ammettendo che la sola garanzia per non essere spogliati dei frutti del proprio lavoro, sia quella di possedere lo strumento del lavoro - ciò che è vero, - essi provano soltanto, che l'uomo non produce realmente che quando lavora in piena libertà, ha una certa scelta nelle sue occupazioni, non ha sorveglianti per infastidirlo, e, finalmente, vede il suo lavoro giovare a lui, e non già ad un poltrone qualunque. Questo è tutto quello che si può dedurre dalle loro argomentazioni, ed è quello che anche noi affermiamo.
Quanto alla forma di possesso dello strumento di lavoro ciò non ha che un rapporto indiretto nella loro dimostrazione, per assicurare al coltivatore che nessuno gli toglierà il beneficio dei suoi prodotti, nè dei suoi miglioramenti.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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