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      Ma vi ha di più ancora: per quanto i nostri godimenti siano altamente artistici o sottilmente metafisici, non ve n'è uno che non si basi sul lavoro manuale. E precisamente di questo lavoro, - fondamentale della vita - ognuno cerca di sbarazzarsi.
      Noi lo comprendiamo perfettamente: oggi deve accadere così.
      Imperocchè, compiere un lavoro manuale oggi significa: rinchiudersi per dieci o dodici ore al giorno in un laboratorio malsano, e rimanervi dieci, trent'anni, tutta la vita, sempre incatenato alla stessa occupazione.
      Significa: condannarsi a una mercede derisoria, essere esposto alle incertezze del domani, alla disoccupazione, molto spesso alla miseria, più spesso ancora alla morte in un ospedale, dopo aver lavorato quarant'anni a nutrire, vestire, divertire od istruire gli altri, piuttosto che se stesso e i propri figli.
      Significa: portar per tutta la vita, agli occhi degli altri, il suggello dell'inferiorità, e avere esso stesso coscienza di questa inferiorità, imperocchè, - per quanto dicano diversamente molti bei signori, - il lavoratore manuale è sempre considerato come l'inferiore del lavoratore del pensiero, e colui che ha faticato per dieci ore all'officina non ha il tempo e ancor meno, il mezzo di procurarsi gli alti godimenti della scienza e dell'arte, nè soprattutto di prepararsi ad apprezzarli; ma deve contentarsi delle briciole che cadono dalla mensa dei privilegiati.
      Noi comprendiamo dunque che in tali condizioni, il lavoro manuale venga considerato come una maledizione del destino.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282