Ci si vorrà far credere, per esempio, che il salario di trenta soldi pagato all'operaia parigina, i sei soldi della contadina di Alvergna, che perde la vista sui merletti, o i quaranta soldi al giorno del contadino, rappresentino le loro «spese di produzione»? Noi sappiamo bene che si lavora spesso per meno di ciò, ma sappiamo anche che lo si fa esclusivamente perchè, grazie alla nostra superba organizzazione, bisogna morir di fame se si rinuncia a questi salari derisori.
Per noi la scala dei salari è un prodotto complesso delle imposte, della tutela governativa, dell'accaparramento capitalista, del monopolio, - in una parola, dello Stato e del Capitale. Cosicchè noi diciamo che tutte le teorie sulla scala dei salari sono state inventate soltanto per giustificare le ingiustizie attualmente esistenti, e noi non dobbiamo tenerne conto.
Non si mancherà nemmeno di dirci che la scala collettivistica dei salari sarebbe nondimeno un progresso. «Varrà meglio, ci si dirà, che un operaio riscuota una somma due o tre volte superiore a quella riscossa ordinariamente dai più, o che dei ministri intaschino in un giorno ciò che un operaio non arriva a guadagnare in un anno? Sarebbe sempre un passo verso l'eguaglianza».
Per noi questo passo sarebbe un progresso a rovescio. L'introdurre in una società nuova la distinzione tra lavoro semplice e lavoro professionale condurrebbe, l'abbiamo detto, a far sanzionare dalla Rivoluzione ed erigere a principio un fatto brutale che oggi noi subiamo, ma che tuttavia ci sembra ingiusto.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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