Generalmente non è un sovrappiù della produzione che viene esportato, se anche le prime esportazioni ebbero questa origine. La favola del calzolaio che camminava scalzo è vera per le nazioni, come lo era un tempo per l'artigiano. Ciò che si esporta è il necessario; e questo accade, perchè col loro salario soltanto i lavoratori non possono acquistare ciò che hanno prodotto, pagando le rendite, i benefici, gl'interessi del capitalista e del banchiere.
Non solamente il bisogno sempre crescente del benessere rimane insoddisfatto, ma molto spesso manca pure lo stretto necessario. La sovraproduzione non esiste dunque, almeno in questo significato, e non è che una parola inventata dai teorici dell'economia politica.
Tutti gli economisti ci dicono che se vi è una «legge» economica bene stabilita, è la seguente: «L'uomo produce più di quel che non consumi». Dopo di aver vissuto dei prodotti del suo lavoro gli rimane sempre un'eccedenza. Una famiglia di agricoltori produce di che nutrire parecchie famiglie, e così di seguito.
Per noi, questa frase, così sovente ripetuta, è vuota di senso. Se dessa volesse significare che ogni generazione lascia qualche cosa alle generazioni future, sarebbe esatta. Infatti, un coltivatore pianta un albero che vivrà trenta o quarant'anni, o magari un secolo, di cui i suoi nepoti coglieranno i frutti. S'egli ha dissodato un ettaro di terreno vergine, l'eredità delle generazioni venture si è accresciuta di altrettanto. La strada, il ponte, il canale, la casa con i suoi mobili, sono altrettante ricchezze trasmesse alle generazioni seguenti.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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