Ma egli prevedeva che il termine che introduceva nella scienza avrebbe perso il suo significato filosofico, il solo vero, se fosse stato impiegato esclusivamente nel suo stretto senso - quello di una lotta fra individui isolati, per la semplice conservazione della propria esistenza. Nei primi capitoli della sua opera memorabile, egli insisteva già perchè il termine fosse preso nel «senso largo e metaforico, comprendente la dipendenza degli esseri fra di loro, e comprendente inoltre (ciò che è più importante) non soltanto la vita dell'individuo ma anche il successo della sua discendenza» (Origine delle specie, cap. III).
Benchè egli stesso, per i bisogni della sua tesi speciale, abbia impiegato principalmente il termine nel suo senso stretto, à messo in guardia i suoi continuatori contro l'errore (che pare abbia commesso una volta anche lui) di esagerare la portata di questo ristretto significato. Nella Origine dell'uomo à scritto alcune pagine potenti per spiegare il senso proprio, quello largo. Vi rileva come, nelle innumerevoli società animali, la lotta per l'esistenza fra gli individui isolati sparisca, come la lotta sia sostituita dalla cooperazione, e come questa sostituzione metta capo allo sviluppo delle facoltà intellettuali e morali che assicurano alla specie le migliori condizioni di sopravvivenza. Dichiara che, in tal caso, i più atti non sono i più forti fisicamente, nè i più scaltri, ma coloro che imparano ad unirsi in modo di sostenersi reciprocamente, tanto i forti quanto i deboli, per la prosperità della comunità. «Le comunità, egli scrive, che racchiudono il più gran numero di membri più simpatici gli uni agli altri, prosperano meglio e allevano il più gran numero di rampolli» (2a ed. ingl., pag.
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