Questi innumerevoli abitanti dell'antico e del nuovo Continente, male organizzati per resistere sia ai loro numerosi nemici che alle diverse condizioni del clima, sarebbero ben presto spariti dalla faccia della terra senza il loro spirito di socievolezza. All'avvicinarsi di una bestia da preda parecchi gruppi si uniscono immediatamente, la respingono e, qualche volta, le danno la caccia; e nč il lupo, nč l'orso e neppure il leone non possono catturare nč un cavallo, e neanche una zebra fino a che l'animale non si č distaccato dal branco. Quando la siccitā brucia l'erba delle praterie, essi si riuniscono in branchi comprendenti talvolta diecimila individui ed emigrano. Quando si scatena nelle steppe una tormenta di neve, tutti i branchi si tengono serrati gli uni agli altri e si rifugiano in un burrone riparato. Ma se la reciproca fiducia sparisce, o se il branco č colto dal panico e si disperde, i cavalli periscono in gran numero, ed i sopravvissuti sono ritrovati dopo l'uragano mezzo morti di stanchezza. L'unione č la loro arma principale nella lotta per la vita, e l'uomo č il loro principale nemico. Davanti alla invadenza dell'uomo, l'antenato del nostro cavallo domestico (l'Equus Przewalskii, cosė chiamato dal Poliakoff) ā preferito di ritirarsi verso gli altipiani pių selvaggi e meno accessibili dell'estremitā del Thibet, ove continua a vivere circondato da carnivori, sotto un clima tanto cattivo quanto quello delle regioni artiche, ma in una regione inaccessibile all'uomo.
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Continente Equus Przewalskii Poliakoff Thibet
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