Una specie soccombe, non perchè sia sterminata, od affamata, da un'altra specie, ma perchè non s'adatta bene alle nuove condizioni, mentre l'altra vi si adatta. Di nuovo qui la espressione di «lotta per la vita» è impiegata in senso metaforico, e non può averne altro. In quanto ad una reale competizione tra individui della stessa specie, della quale si è dato esempio in un altro passo relativo ai bestiami dell'America del sud durante un periodo di siccità, il valore di quell'esempio è diminuito dal fatto che si tratta di animali domestici. In condizioni simili i bisonti emigrano allo scopo di evitare la lotta. Per quanto dura sia la lotta delle piante - e questo è abbondantemente provato - non possiamo che ripetere la osservazione del Wallace, il quale fa osservare che «le piante vivono dove possono», mentre gli animali ànno in larga misura la possibilità di scegliere la loro residenza. Cosicchè ci domandiamo di nuovo: fino a qual segno la competizione esiste realmente in ogni specie animale? Su che cosa viene basata questa opinione?
Occorre fare la stessa osservazione riferendoci all'argomento indiretto a favore di una implacabile competizione ed una lotta per la vita in seno ad ogni specie, argomento che è tratto «dallo sterminio delle varietà transitorie», rammentato così di frequente dal Darwin. Si sa che, per lungo tempo, egli fu tormentato dalla difficoltà che egli vedeva nell'assenza di una continuata catena di forme intermedie tra le specie prossime, e che egli trovò la soluzione di questa difficoltà nel presupposto sterminio di forme intermedie.
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America Wallace Darwin
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