In ciò egli non fa che esagerare un difetto che Bentham rimprovera ai legislatori civilizzati. Ma assurde o no, il selvaggio ubbidisce alle prescrizioni del diritto comune, per quanto fastidiose possano essere. Loro ubbidisce più ciecamente di quanto l'uomo civile ubbidisca alle prescrizioni della legge scritta. Il diritto comune è la sua religione; i suoi stessi costumi. L'idea del clan è sempre presente al suo spirito, e il dominio di se stesso ed il sacrificio di se stesso nell'interesse del clan s'incontrano quotidianamente. Se il selvaggio à infranta una delle più piccole regole della tribù, egli è perseguitato dallo scherno delle donne. Se la infrazione è grave, è torturato notte e giorno per il timore d'aver attirato una calamità sulla tribù. Se accidentalmente à ferito qualcuno del suo clan, ed à così commesso il maggiore di tutti i delitti, diventa del tutto misero; fugge nei boschi, pronto ad uccidersi, a meno che la tribù non lo assolva, infliggendogli un castigo corporeo o spargendo il suo sangue.150 Nell'interno della tribù tutto è messo in comune; ogni boccone di cibo è diviso fra tutti quelli presenti; e se il selvaggio è solo nei boschi, non incomincia a mangiare prima d'aver gridato ben forte, per tre volte, l'invito ad andare a condividere il suo pasto, a chiunque potrebbe udirlo.151
Insomma, nell'interno della tribù, la regola di «ciascuno per tutti» è sovrana, tanto che la famiglia distinta non à ancora spezzato l'unità tribale. Ma tale regola non si estende ai clans vicini, o alle tribù vicine, neanche in caso di federazione per la reciproca protezione.
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Bentham
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