Il filosofo pessimista, basandosi su questa storia del genere umano, ne conclude che la guerra e l'oppressione sono l'essenza stessa della natura umana; che gli istinti di guerra e di rapina dell'uomo possono essere contenuti in certi limiti soltanto da una potente autorità che lo costringe alla pace e che solo qualche raro uomo di «élite» à l'occasione di preparare una vita migliore per il genere umano nei tempi futuri.
Invece, da che la vita giornaliera condotta dagli uomini durante il periodo storico, è sottoposta ad analisi più accurata, ed è ciò che è stato fatto recentemente in numerosi e pazienti studî relativi alle istituzioni dei tempi remotissimi, questa vita appare sotto un aspetto del tutto differente.
Se lasciamo da parte le idee preconcette della maggior parte degli storici e la loro marcata predilezione per gli aspetti drammatici della storia, vediamo che i documenti stessi che studiano, sono quelli che esagerano la parte della vita umana votata alle lotte e ne trascurano i lati pacifici. I giorni sereni e soleggiati sono perduti di vista nelle tormente e negli uragani. Anche nell'epoca nostra, i voluminosi documenti che prepariamo ai futuri storici con la nostra stampa, i nostri tribunali, i nostri uffici governativi, ed anche i romanzi e le opere poetiche, sono macchiati dalla stessa parzialità. Trasmettono alla posterità le più minuziose descrizioni d'ogni guerra, di ogni battaglia o scaramuccia, di ogni contestazione, di ogni atto di violenza, di ogni specie di sofferenza individuale; ma appena rilevano qualche traccia degli innumerevoli atti di solidarietà e di devozione che ognuno di noi conosce per propria esperienza; tengono appena conto di ciò che forma l'essenza stessa della nostra vita quotidiana - i nostri istinti sociali ed i nostri costumi sociali.
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