Poi era la corporazione, non il produttore particolare, che offriva la merce per la vendita al comune, e questi, a sua volta, offriva alla fraternità dei comuni alleati le mercanzie che esso esportava, assumendo la responsabilità della loro buona qualità. Un simile ordinamento faceva nascere in ogni corpo d'arte l'ambizione di offrire merci che non fossero di qualità inferiore; i difetti tecnici o le falsificazioni diventavano un soggetto che riguardava il comune intero, perchè, diceva un'ordinanza: «ciò distruggerebbe la fiducia pubblica».259 La produzione essendo così un dovere sociale, posto sotto il controllo dell'intera amitas, il lavoro manuale, fino a tanto che la città libera fu viva, non potè cadere nel discredito in cui è al presente.
Una differenza tra maestro ed apprendista o tra maestro ed operaio (Compayne, Geselle) esisteva dall'origine nelle città del Medioevo; ma fu dapprima una semplice differenza d'età e di abilità, non di ricchezza e di potere. Dopo un tirocinio di sette anni, e dopo aver dimostrato il proprio sapere e le proprie capacità con un'opera d'arte, l'apprendista diventava, a sua volta, maestro. Solo molto più tardi, nel secolo XVI, dopo che il potere regio ebbe distrutto il comune e la organizzazione delle arti, fu possibile diventare maestro in virtù di semplice eredità o per ricchezza. Ma fu anche un'epoca di decadenza generale delle industrie e delle arti del Medioevo.
Non vi era posto per il lavoro fisso nei primi tempi fiorenti delle città medioevali, ma ancor meno per salariati isolati.
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