La nostra natura è sì fatta, che i comuni doveri dell'amicizia n'involano una buona porzione del corso della nostra vita. È ragionevolissimo di amar la virtù, di pregiare le grandi geste, di riconoscere d'onde il bene ci è provenuto, ed anche di scemare spesso i nostri propri comodi, per accrescere l'onore, e gli agi di colui, che si ama, e che lo merita. Per la qual cosa adunque se gli abitanti d'un paese hanno trovato qualche grand'uomo, che abbia loro con pruove dimostrata una grande providenza per la loro conservazione, un gran valore per difendergli, una grande diligenza nel governargli, se d'allora in poi essi si addomesticano ad obedirgli, ed a fidarsene tanto di accordargli qualche superiorità, io non saprei ben dire, se in ciò la facessero da saggi, poichè si verrebbe a toglier colui da quel luogo, ove facev'il bene, per collocarlo in un altro ove potrebbe far male; ma certamente non potrebbe negarsi che non fosse indizio d'una certa bontà di cuore il non temere del male da colui, dal quale non hassi ricevuto se non del bene.
Ma, oh potentissimo Iddio ! Che mai può esser questo? Come diremo noi, che ciò si appelli? Quale sventura è cotesta? Anzi qual vizio di vedere un numero infinito d'uomini non già obedire, ma servire, non già essere governati, ma tiranneggiati, senz'aver più a loro disposizione nè beni, nè figli, nè parenti, nè la loro vita medesima? Soffrire i saccheggi, le libidini, le crudeltà non già d'un'annata, non d'un barbaro campo, contra li quali avrebbesi a cimentare per difendersi il sangue, e la vita, ma d'un uomo solo; non già d'un Ercole, nè d'un Sansone; ma di un solo uomicciattolo, per lo più fra tutta la Nazione il più codardo, ed effeminato: non già assuefatto alla polvere delle battaglie, ma soltanto, ed anche a mala pena all'arena de' tornei: non già da tanto da comandare agli uomini per la forza, ma tutto occupato a servire vilmente la minima feminuccia.
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Iddio Ercole Sansone Nazione
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