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      nate non che le battaglie de' Greci contra i Persiani, ma fossero state le vittorie della libertà sopra la dominazione, e dell'indipendenza sopra la cupidigia?
      Ella è sorprendente cosa l'udire ragionare del valore, che la libertà ispira ne' cuori di coloro, che la difendono. Ma ciò che avverasi in ogni paese di tutti gli uomini, e in tutt'i giorni, che un uomo solo dilania trenta mila città, e privale della loro libertà, chi crederebbelo se soltanto l'ascoltasse degli altri, e nol vedesse cogli occhi proprj? Che sì fatta cosa si vedesse soltanto in estranee, e rimote terre, e venisse a noi rapportata, chi non crederebbe piuttosto essere ciò una finzione inventata, che una verità? Più ancora: codesto unico tiranno neppure hassi a combattere, non fa bisogno difendersene, egli è disfatto da se medesimo, purchè la Nazione non consenta spontaneamente a servire. Non è mestieri di togliergli qualche cosa, basta di non dargli nulla. Non fa d'uopo, che la Nazione si affanni in far cosa alcuna in suo prò, ma che non si affatighi a far nulla in suo danno. Sono adunque i popoli stessi, che si lasciano o per meglio dire si fanno signoreggiare, giacchè cessando di servire essi sarebbero liberi. È il popolo stesso, che si assogetta e che si taglia la gola da se medesimo, poichè essendo a sua elezione l'essere suddito o libero, egli rinunzia all'indipendenza, e s'accolla il giogo: egli condiscende al suo male, o piuttosto se lo procaccia. Se gli costasse gran fatto il ricuperare la propria libertà, io non ne lo solleciterei sì vivamente, sebbene cosa non siavi, che l'uomo abbia ad avere più cara, quanto il ristabilirsi nel suo dritto naturale, e il ritornare per così dire da bestia uomo.


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Discorso di Stefano della Boetie della schiavitù volontaria o il Contra uno
Etienne de la Boetie
di
1799 pagine 55

   





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