Perlochè giammai accademi di leggere la storia di cotesto popolo, ch'io non me ne indispettisca fino al punto di divenire inumano, e compiacermi di tante calamità, che gliene derivarono. Ma è certissimo, che tutti gli uomini, finchè conservano qualche cosa dell'umano, pria di lasciarsi soggiogare devono essere o forzati, o delusi: forzati, o per mezzo delle armi straniere, come Sparta, ed Atene per le forze di Alessandro, o per le fazioni com'era già gran tempo innanzi caduto l'impero d'Atene fra le mani di Pisistrato. Essi perdono ancora sovente la loro libertà per inganno; ed in simili casi non sono eglino sì spesso dagli altri sedotti, quanto sogliono ingannarsi da per se stessi. Così avvenne appunto al popolo di Siracusa, città principale della Sicilia, ch'essendo oppressa dalle guerre, non considerando se non il pericolo presente, innalzò inconsideratamente Dionigi il primo, e diegli l'incarico della condotta dell'armata; e senza ad altro badare fecelo così grande, che quel buon pezzo di scellerato, ritornando vincitore, fecesi da capitano re, e da re tiranno, come se debellato avesse non già gl'inimici, ma i suoi proprj cittadini. Egli è incredibile, come un popolo, tosto ch'è una volta soggiogato, cade repentinamente in un tale, e sì profondo obblio dell'indipendenza, che non v'ha modo più che si risvegli per riacquistarla, e serve con tanta indifferenza, e così gaiamente, che in vederlo, direbbesi piuttosto, che non già la sua libertà ma la schiavitù sua avesse perduta.
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